P.IVA 00813020419

Via Bellandra, 138/c
61032 Fano

Tel 0721 824141
Fax 0721 838483

info@santillistudiolegale.it

News

In questa pagina è possibile accedere all'archivio delle news

15/11/2010 -  Genitore non affidatario: diritto di visita figli

Corte europea dei diritti dell'Uomo - Sentenza 2 novembre 2010 - Ricorso n. 36168/09

Ancora una condanna per l'Italia che non rende esecutive le sentenze che dispongono il diritto di visita ai figli in favore del genitore non affidatario. La corte di Strasburgo ha accolto il ricorso di padre costretto dopo il divorzio a chiedre continuamente l'intervento del tribunale dei minori per aver incontrato sempre maggiori difficoltà ad esercitare il suo diritto di far visita, ogni 15 giorni, al figlio che, con la
separazione, era stato affidato alla ex moglie. Il giudice interno competente aveva dato ragione all'uomo e interessato i servizi sociali che, vista la difficile situazione psicologica del bambino e i rapporti tra i due ex coniugi, avevano il compito di assicurare le visite. Un diritto che non è però mai stato rispettato.Nella sentenza, la Corte dei diritti dell'uomo ha riconosciuto la delicatezza della situazione e le difficoltà
incontrate dalle autorità nel far rispettare le proprie decisioni. Tuttavia ha constatato che «tutte le autorità coinvolte non hanno agito tempestivamente». Inoltre, i giudici europei hanno sottolineato che le autorità hanno adottato misure «automatiche e stereotipate senza adattarle al caso specifico, e che di fatto non hanno assicurato all'uomo di poter effettivamente godere del suo diritto a vedere il figlio». Al padre separato sono stati anche riconosciuti 15 mila euro di danni morali che, con la condanna, lo stato italiano dovrà pagare. (Fonte: guida al diritto)

29/10/2010 -  Mantenimento figli: decide il Tribunale Ordinario

Corte di Cassazione - Sez. I - Sentenza 27 ottobre 2010 n. 22001. La competenza a decidere sulle controversie inerenti il mantenimento dei figli spetta al tribunale ordinario. Anche qualora la misura riguardi il contributo necessario per i figli di conviventi. Con la sentenza n. 22001/2010, la Suprema Corte ha cassato la pronuncia del tribunale ordinario di Roma: il procedimento, spiegano i giudici nella parte motivata della pronuncia, è introdotto da uno dei genitori in nome proprio e non in rappresentanza del figlio minore sul quale esercita la potestà. La lite, quindi, è tra due soggetti maggiorenni e "ha come causa petendi la comune qualità di genitori e come petitum il contributo che l'uno deve versare all'altro in adempimento dell'obbligo di mantenimento del figlio. La riforma introdotta dalla legge n. 54/2006 non lascia spazio all'ipotesi di un principio generale di unificazione delle competenze in materia di conflitti familiari che " sia pure invocato dalla dottrina - scrivono i giudici di legittimità - non ha finora trovato il consenso del legislatore". (fonte: guida al diritto)

18/10/2010 -  Pubblico ufficiale: non sempre รจ resistenza

Non si può parlare di resistenza a pubblico ufficiale se l'imputato reagisce in maniera violenta ma non impedisce al soggetto di compiere l'atto previsto dalla norma. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 23 settembre 2010, n. 34345, attraverso la quale si afferma che per l’esistenza del reato in esame sia necessario che il reo si opponga allo svolgimento dell’atto di ufficio.Nel corso di un pattugliamento notturno, Tizio, su cui pendeva il divieto di tornare nella capitale, viene fermato dalle forze dell’ordine all’interno del comune di Roma; costui, in sede di accertamento delle generalità, aggrediva i militari. Da ciò la conseguente richiesta di condanna per resistenza a pubblico ufficiale.La prevalente giurisprudenza sul tema precisa che la violenza o la minaccia, anche se estrinsecabili con modalità diverse e con qualsiasi mezzo, debbono comunque essere idonee a turbare l'attività del pubblico ufficiale, ponendone in pericolo l'incolumità fisica (Cass. pen., Sez. III, 6 settembre 1990, n. 12268) affermando che ricorre violenza, quando l'energia fisica è diretta contro il pubblico ufficiale per impedirne la sua libertà d'azione e il compimento del proprio atto di ufficio. Secondo gli ermellini, “[…] la condotta oggetto dell'imputazione non rivela alcuna volontà di [Tizio] di opporsi allo svolgimento dell'atto d'ufficio, ma rappresenta piuttosto una forma di contestazione della pregressa attività svolta dal pubblico ufficiale, contestazione che non configura il reato di cui all'art. 337 c.p., ma che avrebbe potuto integrare altri reati, come l'ingiuria, la minaccia o le lesioni, reati per i quali però non risulta presentata alcuna querela”. (Fonte: Altalex)

11/10/2010 -  Multa pagata, ricorso al GdP per sbloccare patente

E’ possibile ricorrere al giudice contro la sanzione accessoria ritenuta illegittima anche nella ipotesi in cui sia stata pagata la multa principale.Con il tempestivo pagamento di una sanzione per violazione al codice della strada, infatti, si può ricorrere al giudice di pace al fine di contestare l’illegittimità della sospensione della patente, ma non per ottenere l’annullamento della multa. E’ uno degli ultimi principi fissati, in materia di circolazione stradale, dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 6 agosto 2010, n. 18457.Se l’automobilista, infatti, ha pagato entro il termine fissato di 60 giorni dalla notifica, non può certamente avanzare alcuna doglianza circa la legittimità della multa; però, non gli è precluso il fatto di potersi rivolgere al giudice per contestare l’eventuale illegittimità della sanzione accessoria, che, nella fattispecie in esame, consisteva nella sospensione della patente. Nella sentenza de qua si legge testualmente che "In materia di violazioni al codice della strada, infatti, il c.d "pagamento in misura ridotta" di cui all'art. 202 C.d.S., corrispondente al minimo della sanzione comminata dalla legge, da parte di chi ad esso sia tenuto in quanto autore della violazione o proprietario del veicolo, implica necessariamente l'accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento, da parte dello stesso, della propria responsabilità e, conseguentemente, nel sistema delineato dal legislatore anche ai fini di deflazione dei processi, la rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela amministrativa o giurisdizionale, quest'ultima esperibile immediatamente anche avverso il suddetto verbale ai sensi dell'art. 204 bis C.d.S., qualora non sia stato effettuato il suddetto pagamento". (Fonte: Altalex)

04/10/2010 -  Ricongiunzione contributiva

Sì alla ricongiunzione contributiva da lavoro dipendente ad autonomo

Corte di cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 29 settembre 2010 n. 20425 - Ammessa la ricongiunzione dei contributi versati nella gestione lavoratori dipendenti presso la gestione commercianti. Lo ha affermato la sezione Lavoro della Cassazione con la sentenza 20425/2010 che ha respinto il ricorso dell'Inps nei confronti di un lavoratore. L'uomo, assicurato per vent'anni come commerciante e per i successivi venti come dipendente, aveva presentato all'Istituto di previdenza la domanda di ricongiunzione dei contributi nella gestione commercianti. L'inps aveva respinto la domanda sostenendo che la legge avrebbe consentito solo il passaggio inverso. I giudici di merito e la Cassazione non sono stati dello stesso avviso sostenendo, al contrario, che a un'attenta analisi della normativa non si può negare la ricongiunzione nella gestione commercianti dei contributi versati come lavoratore dipendente.